Parlando di romanticismo, non ci
riferiamo alle tenerezze e alle attenzioni che ci si scambiano in coppia, ma ad
un vero e proprio movimento culturale e sociale sviluppatosi negli anni ’60, che ha portato la coppia a centrarsi
sull’amore e sulla relazione dei due partener. Ma se questo è vero, come mai ci
sono così tante coppie che falliscono? Come mai si sono incrementati in modo
esponenziale il divorzio e relazioni di coppia molto brevi che non portano a un
progetto condiviso, ma che spesso lasciano più ferite che soddisfazioni?
L’ideale neoromantico dell’amore si è
quindi sviluppato in opposizione alla concezione della coppia basata solo su
forme rigide ed esteriori, e alimentata esclusivamente dal bisogno di
sopravvivenza, dell’allevamento dei figli e della buona fama, e che spesso
coincideva con un sacrificio enorme soprattutto da parte delle donne.
Una reazione certamente comprensibile
ma che porta a considerare l’esperienza emotiva amorosa come l’assoluto
relazionale, per cui fa poggiare un rapporto di coppia su qualcosa di
momentaneo e poco realistico, anche perché se andiamo a considerare il
significato e la qualità di questo amore, che tiene le coppie contemporanee, ci
accorgiamo di ritrovare tanti tipi di “amore”.
L’ideale amoroso odierno tende a
considerare vero amore, solo l’esperienza forte e appagante che i partener
sperimentano nel periodo dell’innamoramento, e si ha la pretesa che
quest’intensità possa durare per tutta la vita della coppia, per cui, se svanisce,
automaticamente finisce anche la coppia. Durante il periodo dell’innamoramento,
infatti, è possibile sperimentare la pienezza dell’incontro amoroso in tutto il
suo fascino e la sua carica emotiva.
Nella fase dell’innamoramento la coppia
è concentrata esclusivamente su se stessa e nell’apice della passionalità e
della novità i due partner iniziano una danza di conoscenza e di complicità
carica di potenzialità, ma che ancora non ha la possibilità di esprimersi. In
questo stadio sono presenti tanti elementi illusori, proprio perché si tende a
idealizzare la persona amata concentrandosi solo sugli aspetti che ci
attraggono e che, in un certo modo, rispondono ai nostri bisogni più profondi
di considerazione, unicità, riconoscimento e accettazione. L’elemento nevrotico
comune, presente nell’innamoramento, è la tendenza alla fusione per cui le
diversità si assottigliano e rimangono nello sfondo. L’innamoramento ripropone
la fusione infantile con la madre e questo è evidente anche nei gesti, nei
nomignoli, nel tono della voce che diventa più dolce, negli avvinghiamenti e
nelle reazioni dei partner. È come se si ritornasse bambini, per cui si
sperimenta una nuova energia, una nuova felicità capace di portare a gesti
folli e irresponsabili. I confini tra “io” e “tu” sono molto sfumati e grazie a
quest’unità ritrovata i problemi personali sembrano sparire.
Questo genera anche la dipendenza dei
due, che non riescono a sopportare la distanza e nello stesso tempo permette di
creare uno spazio in cui pian piano cresce l’intimità. Infatti, se durante il
corteggiamento si mettono in campo solo i lati migliori e le proprie qualità,
durante l’innamoramento si inizia a condividere anche la propria vulnerabilità
parlando delle proprie paure e dei dolori, cominciando a raccontare le proprie
esperienze negative e il proprio vissuto. In questo senso, ciascun membro
inizia ad essere per l’altro un rifugio
emotivo in cui si ha l’illusione di trovare, in modo incondizionato,
protezione nei momenti di ansia, pericolo, stress e paura. Nello stesso tempo
iniziano già a comparire gli stili relazionali propri di ciascuno, per cui ogni
membro tende a riproporre la stessa modalità che ha vissuto nella simbiosi
materna. Anche se tutto questo è vero, sarebbe un grave errore ridurre
l’innamoramento all’analisi degli aspetti illusori e nevrotici, come fanno
spesso alcuni terapeuti, perché si priverebbe la relazione delle sue migliori
potenzialità, giacché in questa fase si vede realizzata, in modo magico, la
relazione che sarà costruita con fatica nel corso del tempo. Rispetto a quello
che abbiamo detto, è evidente il pericolo che l’altro si rivesta del ruolo del
salvatore e che gli si dia la responsabilità di tappare i “buchi” affettivi, ma
nello stesso tempo contiene la possibilità di dare una direzione alla propria
vita, per cui si tradurrebbe in un progetto fecondo e realizzabile.
L’innamoramento risulterebbe pertanto, come una visione del futuro, una
promessa di pienezza, una carica fortissima a cui attingere anche nei momenti
critici che verranno in seguito, per cui è importante che si viva pienamente
con tutte le sue contraddizioni e nevrosi.
Se è vero che la fase
dell’innamoramento è essenziale per la costruzione dell’intimità e della
relazione all’interno della coppia, è altrettanto vero il pericolo di
identificare l’amore solo con questo tipo di relazione. Questo è l’errore più
grande dell’ideologia neoromantica[2] e che in
questo capitolo cercheremo di smascherare.
Frasi ritenute romantiche, importanti e
segno di un grande amore dalla cultura contemporanea, come “tu sei tutto per
me”, “siamo una persona sola” “senza di te non posso vivere” o atteggiamenti
ritenuti romantici, come quello di avere un profilo facebook con il nome di entrambi, invece di quello individuale, lo
scambio ininterrotto di sms, l’impedimento da parte di uno dei partner di
frequentare ambienti o coltivare interessi non condivisi, e così via…,
nascondono invece le nevrosi e i pericoli più grandi per una relazione.
In queste frasi, infatti, e nell’ideale
neoromantico, si nasconde la concezione dell’amore come simbiosi. «Partendo da questo desiderio di unità,
concetti come «essere autonomi», «essere separati», «distanziati» appaiono
l’esatto contrario dell’amore e, anzi, sono vissuti come minaccia al rapporto».[3] Nella
simbiosi si matura la convinzione che si può essere completi solo nella coppia,
per tanto si evitano gli scontri necessari per definire i confini tra l’“io” e
il “tu”, e quando si arriva al conflitto, la pace deve essere ristabilita il
prima possibile, perché è percepito come un pericolo alla rottura della
simbiosi. L’assoluto diventa l’armonia da preservare ad ogni costo, ma questo
modello trasforma la relazione in una prigione, anche se può apparire con le
sbarre d’oro. Ad un certo punto però la sessualità inizia a dare segnali
inequivocabili diventando meno interessante e appagante, proprio perché i due
hanno smesso di essere due individui distinti e l’affievolirsi della
passionalità e dell’eros è una protesta inconscia contro la simbiosi.
L’individualità di ciascuno cerca in tutti i modi di riemergere, per tanto
potrebbero iniziare a comparire sintomi fisici apparentemente inspiegabili come
emicranie, allergie, disturbi di stomaco o depressioni. Questo accade perché,
come afferma F. Perls, «l’organismo sa
tutto. Noi sappiamo pochissimo»[4].
Come abbiamo accennato prima, nella
fase simbiotica dell’innamoramento si ripropone la relazione del bambino con la
madre, quando il suo “Io” non è ancora definito in maniera chiara e quando il
bambino percepisce la madre come una parte di se e come qualcuno che è a sua
completa disposizione. «Naturalmente ciò
non dipende solo dalla madre. Il modo in cui il padre la sostiene, lasciando
che essa sia a completa disposizione del bambino, ma anche staccandolo da lei
per mostrargli il mondo, per poi riportaglielo ogni volta che lo desideri, è
decisivo per il superamento di questa fondamentale fase della vita»[5]. A.
Ferrara, portando il contributo della Gestalt descrive il padre e la madre come
due simboli di bisogni fondamentali del bambino, attribuendo all’uno il
principio di evoluzione, e all’altro quello di sopravvivenza. Per cui il
bambino ha bisogno di integrare «entrambi
i modelli genitoriali. […] Il bambino ha bisogno di integrare il padre, simbolo
di affermazione e assertività, che gli insegna i valori e lo guida verso la
propria realizzazione. Il padre rappresenta la polarità della madre che invece
offre il dolce rilassamento degli abbracci fusionali e che insegna lo stare e
il lasciarsi perdere nella contemplazione»[6].
Se in questo processo il bambino sarà spinto troppo presto all’autonomia, senza
aver prima sperimentato un rifugio stabile e sicuro con la madre, o al
contrario sarà tenuto troppo tempo nella simbiosi e nella dipendenza dalla
madre, senza sperimentare la sua unicità, e quindi, senza integrare in se, le
due figure genitoriali, crescerà con un deficit relazionale che tenderà a
compensare nella vita adulta. Pertanto l’adulto cercherà, inconsciamente, un
partner che possa restituirgli quello che non ha avuto a sufficienza nella sua
infanzia.
Anche in questo caso sussiste un’ambivalenza, come abbiamo già fatto
notare, in quanto la fase simbiotica dell’innamoramento potrebbe realmente
aiutare a chiudere una gestalt antica ancora aperta e quindi, guarire qualche
ferita affettiva del passato. Se questo avviene però, la relazione si aprirà ad
altre fasi, come quella successiva di differenziazione e crescerà nella
relazione. Quando invece, rimane una condizione duratura e costante, porterà
soltanto ad acuire una fame di affetto e
di sicurezza che provocherà la morte della coppia e dell’individualità e
conseguentemente la ricerca continua e sempre nuova di un'altra persona che
dovrà colmare i suoi deficit.
L’ideologia neoromantica oltre a
proporre l’amore come simbiosi, tende a considerare il partner come il mezzo
della propria realizzazione, per cui l’amore viene confuso con l’idea che
l’altra persona deve farmi sentire appagato e realizzato. Anche qui ci troviamo
davanti al protrarsi di un’esperienza normale e importante che si vive
nell’innamoramento, quando ci si sente improvvisamente più attraenti, più forti
e sicuri di sé, perché il riconoscimento del partner diventa un nutrimento
fondamentale per la nostra autostima. Quando il primo partner inizia a sentire
che l’altro/a non riesce a colmare il bisogno di realizzazione «comincia a rivendicare i suoi bisogni a voce
alta e a lottare per soddisfarli. L’altro si sente minacciato, come se qualcosa
gli venisse sottratto, e risponde a questi attacchi difendendosi e rinfacciando
a sua volta»[7], perché in
questa idea di amore non possono coincidere la realizzazione autonoma di
entrambi e l’amore stesso, ma uno dev’essere a servizio della realizzazione
dell’altro, in quanto questi, è il mezzo attraverso il quale io mi sento
realizzato. Seguono una serie crescente di litigi che cercano di rimettere
l’altro nel ruolo del padre o della madre, perché alla base potrebbe esserci la
ricerca di un apprezzamento genitoriale deficitario. Infatti se ci fermiamo a
guardare oltre la corazza di queste persone «vediamo dei piccoli bambini abbandonati che urlano cercando di attirare
l’attenzione della madre, e poiché questa gliela rifiuta tentano di ottenerla
con la forza.»[8]
Ma è davvero inconciliabile l’amore con
l’autorealizzazione? Non è vero che l’Io trova in essa il suo pieno compimento?
Anche in questo caso possiamo vedere che l’errore dell’ideologia neoromantica è
quello di assolutizzare un aspetto dell’amore e renderlo una pretesa più che un
cammino percorribile nell’intimità e nello scambio con l’altro/a.
Effettivamente una persona trova la sua pienezza nell’amore, ma soprattutto in
quello che è capace di dare e non di pretendere e rivendicare.
La fame di riconoscimento fa centrare
l’individuo su se stesso e sui propri bisogni senza guardare quelli del
partner, l’amore invece è un flusso costante che va dai propri bisogni a quelli
dell’altro, porta cioè a donarsi all’amato senza dimenticarsi di sé. L’amore
diventa maturo proprio quando, nell’intimità, si abbandona all’altro nella
dinamica del dono. Questo presuppone una consapevolezza di sé e dei propri
bisogni, altrimenti si potrebbe confondere con la negazione di sé e alla
sottomissione, che sarebbe un altro modo nevrotico di intendere l’amore. Ecco
perché dicevamo che questa realizzazione di se nell’amore costituisce il
cammino della coppia e non il punto di arrivo, infatti il primo passo verso il
dono di se è la consapevolezza che l’altro sia diverso da me, sia altro.
Questa
“completezza” è un’esperienza normale nell’innamoramento, ma diventa nevrotica
se resiste a lungo nella coppia e si fossilizza come la pretesa che
l’altro sazi la mia fame relazionale.
Questo pericolo diventa molto comune in questa società che propone stili di
vita frenetici in cui non c’è spazio se non per relazioni immediate e
superficiali. Dal lavoro, al condominio e alla politica ogni giorno siamo
bombardati di relazioni frustranti e spesso solo di facciata, per cui la coppia
diventa l’unica isola in cui si pretende di essere accolti e soddisfatti nei
bisogni affettivi. Per cui, «gli uomini
cercano rifugio in cure di tipo materno o nella sessualità (e la seconda spesso
è solo un’altra forma della prima), e le donne in conversazioni sentimentali e
intime o in tenerezze senza secondi fini. Ognuno dei due chiede all’altro di
colmare una lacuna […]. Si instaura quindi il modello di coppia formata da due
bambini «affamati». »[9] La
conseguenza di ciò porta o alla rassegnazione nei confronti del partner, per
cui la relazione diventa sempre più piatta e stanca e ci si impegna nel lavoro,
sui doveri, lo si compensa con il cibo, la televisione, lo shopping e simili;
oppure si cercano relazioni che compensino il bisogno di vicinanza. Per cui si
moltiplicano i tradimenti o se si hanno figli, spesso, soprattutto da parte
delle donne, questi diventano segretamente, i sostituti dei mariti. Il
moltiplicarsi di relazioni fuori dalla coppia e triangolazioni non dipende, per
la maggior parte delle volte, dalla superficialità della relazione, ma
soprattutto dal fatto che si è trasferito sul partner una pretesa impossibile,
che restando insoddisfatta spinge alla compensazione.
È una pretesa impossibile, proprio
perché non esiste una sola persona capace di soddisfare il nostro bisogno di
relazione e di vicinanza, per questo è importantissimo che la coppia, dopo un
certo tempo, si apra ad altri rapporti personali, sia come coppia, sia come
singoli. Per cui costruire una rete di amicizie, anche profonde, diventa l’antidoto
alla pretesa assoluta e al bisogno relazionale inappagato. L’ideale
contemporaneo di amore invece, vede il bisogno di altre relazioni come una
minaccia alla coppia o lo legge come la fine della stessa, pertanto o la coppia
termina la relazione o continua e si circonda di tradimenti e compensazioni di
ogni sorta.
L’innamoramento è un periodo
importantissimo e ricchissimo, ma pur sempre limitato, infatti dopo questa fase
in cui la simbiosi è l’elemento più caratterizzante, ma è anche la base su cui
si costruisce una futura intimità, è necessario continuare il cammino della
coppia.
Ma se l’innamoramento ripropone la
simbiosi del bambino con la madre, possiamo paragonare le fasi ulteriori
dell’evoluzione della coppia, ad altrettanti stadi dello sviluppo della
persona? In realtà a questa domanda hanno risposto E. Bader e P. Pearson[10]
che, riprendendo il modello evolutivo della psicoanalista Margaret
Mahler, individuano 5 fasi in cui si organizza lo sviluppo di una relazione di
coppia.
La coppia quindi, come il bambino dai
zero ai tre anni, attraversa inizialmente la fase della simbiosi, che abbiamo già chiamato innamoramento e lo abbiamo
argomentato ampiamente. Nel cammino di una coppia segue una fase di differenziazione, durante la quale
ciascun partner inizia a cogliere le differenze rispetto all’altro; riemergono
i bisogni personali e si ristabiliscono i confini, per cui emergono gli stili
relazionali di ciascuno. È come se si tagliasse il cordone ombellicale. Successivamente la coppia vive un periodo di sperimentazione. Questa fase è molto
delicata perché i partner hanno il bisogno di sentirsi come individui e
sperimentarsi e confrontarsi con l’esterno. Emerge il desiderio dell’autonomia
e l’altro può essere percepito come limitante. Ma se la relazione di coppia
resiste a questa tempesta e l’affronta creando intimità e sostenendosi in
questi bisogni, si giungerà al desiderio di mettere in dialogo due
individualità e condividere maggiore intimità. È questa la fase che chiamiamo
di riavvicinamento. Questo è il
momento in cui ciascun partener sente la possibilità di mostrare se stesso senza il timore, anche nella vulnerabilità.
Dopo tutto questo cammino, si giunge finalmente alla mutua interdipendenza, nella quale si raggiunge la piena intesa,
attraverso la condivisione dei valori, che stabilisce autonomia e
interdipendenza.
Non
sempre l’evoluzione riesce a completarsi, e questo significa l’insorgenza di
problematiche più o meno dolorose, o la rottura del rapporto. Se entrambi i
partner non progrediscono attraverso queste fasi evolutive, si genereranno conflitti
e si avranno blocchi evolutivi, che spesso possono essere la riproposizione
nella coppia dei blocchi personali di ciascun individuo.
[1]
H. JELLOUSCHEK, L’arte di vivere in coppia, Edizioni Scientifiche Ma.Gi. srl,
2003, Roma, p.15
[2]
Continueremo a chiamare così l’ideale d’amore della cultura contemporanea,
utilizzando l’accezione di H.
JELLOUSCHEK, op. cit.
[3] Ibidem, p.29
[4] F.S.PERLS, La terapia
Gestaltica parola per parola, ed. Astrolabio, 1980, Roma, p.30
[5]
H. JELLOUSCHEK, op. cit. p.33
[6]
A. FERRARA, Gestalt integrate: contatto, conflitto, adattamento complesso, in
“Psicoterapia della Gestalt. Per una scienza dell’esperienza, Atti del IV
Congresso Internazionale, ed. Centro Studi Psicosomatica, 1991, Siena, p.167
[7] H. JELLOUSCHEK, op. cit.
p.49
[8] Ibidem, p.50
[9] Ibidem, op. cit., p. 58
[10] E. BADER E P. PEARSON, In Quest of
the Mytical Mate. A developmental approach to diagnosis and treatment in
couples therapy, Psychology Press, 1988.
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